sabato 3 agosto 2013

ESSERE SCIAMANO QUI E ORA


Ho incontrato il primo sciamano della mia vita nel lontano febbraio del 1990 e da allora, risuonandomi totalmente la cultura sciamanica, ne ho incontrati parecchi. Dal primo che ho incontrato, velatamente, a volte, e a volte esplicitamente, TUTTI dicevano che erano qui per portare la loro cultura a conoscenza della nostra. Anche se chi più chi meno si sono fatti pagare, non sto sindacando sull’aspetto commerciale della cosa: il business NewAge è svelato da tempo, ormai. Sto cercando di spiegare perché, secondo me, hanno finito il loro compito, almeno con me. Che sia chiaro che, ripeto, la loro cultura mi risuona totalmente e l’amore che provo per ognuno di loro (quelli “veri”, però) è reale, e quindi la mia scelta non è assolutamente una negazione di ciò che loro sono e che mi/ci hanno dato, anzi... Non ho visto in nessuno di loro l’attitudine missionaria e proselitista dei “nostri” preti e pastori, tutt’altro. C’è in ognuno di loro la profonda consapevolezza che la loro cultura è solo la loro e a loro resterà. E che noi abbiamo il dovere di scoprire la nostra. Ovviamente sto dicendo che la chiesa cattolica non solo NON è la nostra cultura, ma ha eliminato ogni traccia di quella che lo è stata e che avrebbe potuto essere. Non solo sul piano spirituale, ma anche morale, etico, politico, economico, sociale, medico, educativo, alimentare..... Non serve, vero, che racconto i sistemi con cui l’hanno fatto? No, bene!
E allora ecco il ruolo di quegli sciamani che, provenendo da culture che hanno potuto mantenere intatta la loro identità per secoli e secoli, vengono a mostrarci le pratiche che erano anche le nostre, più o meno, perché anche noi eravamo in contatto diretto con la madre terra e con tutti gli elementi. E ad essi ci riferivamo per organizzare la nostra vita nel quotidiano come fanno loro ancora adesso. Anche da noi c’era chi sapeva curare con le erbe, chi lavorava con l’achimia e con l’astrologia, fino a che, fra le altre cose, la chiesa cattolica ha creato la scienza (divide et impera) per mantenere con l’ignoranza e la superstizione, la separazione e la dualità.

Oggi, tempo in cui tutti i trucchi si stanno svelando, gli sciamani di altre culture stanno aiutandoci a ricucire la profonda lacerazione in cui abbiamo vissuto per più di 1700 anni. Ma non possono fare niente per noi, né possono farlo al posto nostro: a noi è successo qualcosa di diverso da ciò che è successo a loro.

Pochissimi giorni fa ho parteciipato ad un mini workshop e alla seguente conferenza di uno sciamano colombiano. Dopo aver avuto questo ulteriore incontro con uno sciamano “vero”, mi sono ritrovato a constatare con altre persone, presenti all’evento, il fatto che gli sciamani ci sono anche qui da noi. Sono un po’ diversi, però, da quelli amerindiani, colombiani, hawaiani, lapponi, africani, andini, tungusi, giapponesi, brasiliani, toltechi, messicani.
Prima differenza fondamentale è che loro possono manifestare un’identità perché sono parte integrante e integrata di una tribù e di un villaggio. Noi no!
Loro provengono da una cultura che contempla la condivisione di leggende, credenze, esperienze e vissuti in cui è fondamentale il rispetto dello sciamano. Noi no!
Nella tribù non è prevista la mancanza di uno sciamano. È necessario che ce ne sia sempre uno ed è per questo che si tramandano da millenni le conoscenze per via orale, da maestro ad apprendista. Noi no.
Ma andiamo avanti con un po’ di ordine. Perché ha così tanta presa sulle persone ciò che uno sciamano con piume e piumette e perline e sonaglietti e erbine fa e dice? Il ruolo dello sciamano è quello di mettere a disposizione le sue conoscenze per far sì che i singoli e la tribù siano in grado di superare gli ostacoli che la vita pone. Le sue reti neuronali sono, dato l’allenamento, le uniche nella tribù ad essere sempre ri-posizionabili, ri-calibrabili, ri-configurabili, permettendo perciò, a lui prima e agli altri di conseguenza, la possibilità di evolversi senza esserne lesi irrevocabilmente. Alla fine che cosa faccia per ottenerlo non è rilevante, conta il fatto che ci riesca e che avvenga il ri-posizionamento della salute nel corso del quotidiano, con una nuova acquisizione e una nuova consapevolezza.
Ne è un esempio la storia, dei nativi che, all’arrivo di Colombo, non vedevano le navi perché non avevano le connessioni sinaptiche adeguate a visualizzare quel tipo di oggetti. Per riuscirci, lo sciamano ha dovuto far ri-calibrare prima le sue sinapsi e poi ha potuto far qualcosa per i suoi.
La storia si ripete. Ancora una volta, tocca agli sciamani, anche i nostri, ricalibrare le proprie connessioni per vedere ciò che c’è!
Nell’immaginario delle nostre latitudini, c’è la visione che gli sciamani siano un po’ ridicoli, tanto da considerarne i paramenti costumi di carnevale. Quello che però sembra ridicolo se posto davanti agli occhi degli altri, stimola una grande curiosità nell’intimo e tanto più è folcloristico, tanto più significativa è la portata. In realtà, viene apprezzato in chiunque il coraggio di fare cose scenicamente e coreograficamente anormali. Se uno fa quei versi, conciato in quel modo e con quella convinzione, non può non essere uno che sa, altrimenti si vergognerebbe, come si vergognano coloro che guardano. Gli orpelli del rituale, che a casa loro hanno dei significati di focalizzazione e determinazione molto importanti, qui sono solo simulacri di un coraggio che il conformarsi ha eliminato.
Bontà loro, gli sciamani “veri”, però, QUI sono chiamati a svolgere un ruolo che non gli compete, perché QUI, dove vengono invitati ad agire la loro potenzialità, non hanno un villaggio, né una tribù che concepisca la serietà del loro lavoro, né i riferimenti culturali che lo motivano e ne giustificano il risultato. In realtà, tanto più abnorme è l’azione che svolgono, tanto più radicale è la destrutturazione neuronale. Il loro coraggio è reale, ma non per vincere la vergogna, bensì per smontare le abituali credenze e convinzioni, tanto da generare delle nuove connessioni. Questo coraggio non ha la carica emotiva che gli diamo noi, però, perché per loro è routine...
Dalle nostre parti, a causa del lavoro svolto dalle logge di potere, non è nemmeno possibile cercare di destrutturare le connessioni neuronali delle credenze e convinzioni perché bisognerebbe prima destrutturare la convinzione che le convinzioni non esistano e che si è tutti in grado di recepire le informazioni così come sono. Il rassicurante conformismo serve a questo: non serve “pensare” da soli quando c’è chi “pensa” per tutti.... Cosa che alcuni individui delle nostre parti non fanno....
Le conoscenze dello sciamano “de noantri” sono come quelle degli sciamani “veri”, e sono acquisite perché la sua vita è stata segnata da un percorso di sofferenza vissuto in silenzio, al quale ha cercato di rispondere con la ricerca personale. Qui non ci sono anziani che trasmettono la conoscenza saltando una generazione, quindi le conoscenze sono state acquisite dall’unico “anziano” a disposizione: la sua anima. È questa che l’ha portato a esplorare, a volte contro ogni logica e il parere di altri, territori in cui veniva richiamato da urgenze spesso in opposizione ai suoi desideri. Si è trovato spesso, trascinato da una forza estranea, a non capire perché era dov’era e a fare quello che stava facendo. Spesso, spessissimo, senza averne la minima voglia, né, secondo lui, la competenza sufficiente, si è trovato ad essere responsabile di attività di un gruppo al quale ha dovuto far fare cose che nemmeno lui credeva di sapere come si facessero, ma che risultavano poi, essere state fatte nel modo giusto.
Ha continuato in questa ricerca per prove d’errore a volte al limite della sua sopravvivenza, esattamente come gli sciamani “veri”. Non sempre con, come sfidante, la natura selvaggia, ma la violenza della “civiltà” delle città e della convivenza con miglia di bipedi disumani.
Ha acquisito, perciò, nel tempo, una padronanza della propria esistenza che si è rivelata, troppo spesso occasionalmente, utile ad altri.
Ha aiutato spessissimo gli esseri umani che si rivolgevano a lui, a risolvere i loro problemi, la maggior parte delle volte lasciandosi guidare dallo spirito, visto che la mente non aveva le conoscenze sufficienti.
Ha pagato salato, amaro, caro, pesante ogni volta che si è abbandonato all’Ego e lo ha visto in azione troppe volte per farsene manipolare ancora.
Non si è mai posto come salvatore di qualcuno, anche se spesso gli è stato detto di aver salvato qualcuno.
Ha cercato in ogni attività il senso profondo, la connessione con tutte le parti di sé, scoprendo di essere in connesione anche con tutti gli elementi e le forze della natura. Solo che si è occupato di viverle dentro di sé.
Le arti, sia estetiche che per la salute, le pratiche cosiddette energetiche, le conoscenze derivanti dagli studi e gli incontri con centinaia di “maestri”, sono integrate in lui come un tutto unico a sua disposizione. Ma si scopre siano a disposizione degli altri che, anche casualmente (non esiste il caso, per lui), gli si rivolgono come “aiutatore”.
Perché, allora, questo individuo non si considera e non è considerato uno sciamano? Come può, un essere umano, sentire su di sé e in sé la “chiamata” dello spirito in una cultura dove tale chiamata è attribuibile unicamente alle nefandezze della chiesa cattolica?
Oltre alla solitudine di suo di un individuo che non ha a disposizione anziani che lo comprendano e lo indirizzino, c’è anche il terrore che quella “chiamata” lo porterebbe, se l’accettasse, a sottostare alle agghiaccianti regole della vita clericale o monastica. Uno sciamano dei nostri luoghi NON PUÒ essere uno sciamano, nonostante la sua anima lo voglia e il suo spirito lo ordini.
Non è un caso che individui con queste caratteristiche vivano una vita alienata, conflittuale, scontrosa, arrivando a forme di depressione, alcolismo e “dipendenze”. È un’identità negata e, in più, osteggiata dalla comunità stessa, proprio quella a cui si sente di poter essere utile.
Ma non sarà forse un problema di anacronismo? O di raggiunta civilizzazione? Semplicemente non serve più lo sciamano da queste parti?
Io dico che non è un caso che in tutte le culture tribali, di tutte le latitudini, da sempre, ci sia un lignaggio di questi esseri umani (uomini o donne). Che sia normale, cioè, che ci sia un individuo (o alcuni) che si occupino di cose, utili alla tribù, di cui nessun altro può occuparsi. E se è così da sempre, vuol dire che probabilmente fa parte dell’evoluzione biologica dell’essere umano in generale. Se è cominciata allo stesso modo dappertutto ed è ancora presente in molte culture, questo significa che il ruolo “sciamano” ha continuato ad essere parte integrante della biologia del gruppo dappertutto, ma solo da qualche parte si è manifestato materialmente. E ciò significa che se la chiamata dello sciamano è ancora presente dappertutto lo è anche da noi.
Per molte centinaia d’anni, da noi quella chiamata è stata sentita e vissuta in individui che hanno preso il ruolo di medici, o di preti, poi di artisti, e ultimamente di psicologi. L’ evidenza dei fatti dimostra però che ognuna di queste attività ha tenuto lontano l’invisibile, che nella nostra cultura è stato risucchiato dalle religioni (tutte).
L’individuo sciamano non può, semplicemente, avere punti di riferimento della possibilità che possa vivere pienamente questa sua essenza. Non c’è nessun punto di riferimento, tranne il pericolo che correrebbe se la manifestasse.
Ecco, allora, il compito fondamentale, oggi, degli sciamani “veri” che vengono a visitarci. Ci stanno dicendo che gli sciamani sono anche da noi, ma che sono ruoli ben diversi dal medico, dallo psicologo o dal prete.
Ci mostrano che quelli che sono nati qui da noi, e che hanno fatto la gavetta nel loro modo così conflittuale, in realtà hanno svolto il tirocinio adeguato, e ora sono pronti a servire la tribù allargatissima di cui fanno parte.
Ora è tempo che svolgano appieno il loro ruolo