Ero felice, quasi, che si fosse presentata l’opportunità
dell’agognato “cambiamento”. Mi aspettavo tempi duri, difficili
da supportare con una tenacia di cui non sapevamo niente. Della
tenacia, intendo. E nemmeno dell’integrità.
Si è scoperto invece che il tanto sbandierato cambiamento non andava bene: tutti vogliono “tornare” com’era prima. Ognuno a suo modo.
Qui si svela quello che
immaginavo e, oso dirlo, intuivo. E cioè che il tanto sbandierato
“spirito” non è altro che merce, un prodotto da vendere come
qualsiasi altro sul mercato.
Io non voglio
assolutamente tornare là dov’era il prima, perché ho fatto di
tutto, tutto ciò che era nelle mie possibilità, perché cambiasse,
perché l’evoluzione che compete all’essere umano avvenisse.
Ho trascorso, come quasi
tutti, i miei 60 giorni di clausura e ho seguito ciò che i social
trasmettevano di notizie, articoli, comunicazioni ufficiali di
scienza, politica, religione e economia, ho letto e ascoltato le
altre campane e anche quelle rotte, quelle tibetane e i ferracci da
rottamazione. Anche le voci angeliche e i rutti inveterati. Tutto ciò
che potevo osservare, con la brama di vedere che quel cambiamento, quell’evo-luzione stesse avvenendo.
Invece, col trascorrere
del tempo, solo un’involuzione sempre più profonda, da
schiacciarmi con disillusione e terrore.
Se ritenevo che noi
fossimo i creatori della nostra realtà, ho scoperto che sappiamo
fare solo produzioni netflix di odio, ansia, assalto, storie di
vampiri e di assassini mafiosi o messicani, di ‘ndrangheta e
narcos.
E ho capito una cosa: che
ci sia il cambiamento è esattamente ciò che spaventa di più
proprio chi dice di volerlo. Perché non potrebbero più morire
sognandolo. Sarebbero costretti a vivere come avevano sognato, e
questo comporterebbe fatica.
Non avevo dubbi da molti
anni sul fatto che proprio chi si dice spirituale era il punto debole
della famiglia umana, ma non mi aspettavo che si manifestasse questa
ecatombe.
Piene, totali
contraddizioni, sguardi rivolti al passato, danze imbecilli sulle
profezie e sulle voci dai maestri illuminati e dagli alieni. Ma al
tempo del cambiamento vogliono tornare, liberi, a come era prima.
Probabilmente, nonostante
loro qualcosa è cambiato comunque, ma non è manifesto.
Ho sentito per decenni
quasi urlare che siamo tutti uno e che l’amore è la forza più
grande dell’universo, ma ora, quando si dovrebbero aprire le menti
e le anime al cambiamento, ci sono le tifoserie. E non per due
squadre, ma per decine, ancora, a competere per chi vince il
campionato.
Non ci torno a com’era
prima, no. Io non ci torno. Anche se non so dove andrò né cosa ne
sarà di me, io, dov’eravamo prima non ci sarò.
Per questo riparto con il
blog. Per questo, dopo averlo lasciato rinsecchire, voglio usarne il
potenziale per dire la mia su cosa è PER ME il dopo, quello che
voglio,
Nessun commento:
Posta un commento